venerdì 8 febbraio 2013

Alibrando Giovannetti: tentativi di ricostruzione dell'USI dopo il fascismo



Ai Lavoratori d’Italia (Ottobre 1943)
I sindacalisti rivoluzionari, che furono nel passato l’ala estrema del Socialismo e costituirono l’Unione Sindacale Italiana sciolta per ordine del Governo nel 1925, in previsione di eventi che maturano a causa dell’attuale guerra mondiale, hanno compilato un programma di realizzazioni politiche e sociali che riproduciamo per sommi capi, al fine di far conoscere il loro pensiero e i loro propositi alle masse lavoratrici, nella fiducia di incontrare la loro adesione ed allo scopo di spronarle alla loro unione in un blocco al di sopra di tutte le frazioni, di tutte le tendenze che tuttavia hanno le stesse idealità, le medesime aspirazioni, pur divergendo in questioni secondarie, di minore o nessuna importanza e che potranno essere oggetto di esame e di discussione al momento opportuno, quando sarà possibile tradurle in atto.
Sono questi i nostri postulati:
PROGRAMMA
- La nazione italiana è retta a Repubblica Socialista dei Sindacati. Il popolo è sovrano in quanto tutte le ricchezze della nazione sono socialmente appartenenti a popolo medesimo e quindi, non essendo soggetto economicamente ad altre classi o caste, può liberamente e in pieno esercitare il proprio potere sovrano mediante i Sindacati, che sono i suoi organi naturali economici e politici ad un tempo, le colonne del nuovo ordine sociale.

- Le terre, le fabbriche, tutti i mezzi di produzione, di scambio, di comunicazione, servizi d’ogni genere, sono di proprietà sociale che il Comune, la Regione, la Nazione, affidano in gestione ai lavoratori (operai, contadini, tecnici, impiegati) per mezzo dei rispettivi Sindacati d’aziende o enti cooperativi. Restano possessori del loro podere: piccoli proprietari contadini, della loro bottega gli artigiani, del loro studio gli artisti e professionisti liberi.

- Le industrie debbono essere gradualmente decentrate e diffuse in tutte le regioni, possibilmente presso i luoghi di estrazione o di produzione delle rispettive materie prime.
Tutti gli individui nati in Italia o naturalizzati, d'ambo i sessi e d'ogni età hanno diritto all’esistenza assicurata dalla nazione mediante un assegno vitalizio mensile, variabile a se¬conda dell'età e proporzionato alla potenzialità produttiva del paese.Tutti gli individui nati in Italia o naturalizzati, al rag¬giungere dei 18° anno di età hanno il dovere di lavorare o di proseguire gli studi se idonei e meritevoli, nell’interesse della società. ll lavoro è obbligatorio fino al 55° anno di età. Libera è la scelta della professione, dei mestiere, del servizio, a cui ciascuno intende dedicarsi. Il lavoro viene compensato, oltre che dall'assegno vitalizio, da un supplemento di guadagno a seconda del merito, della capacità e della produttività indivi¬duale o collettiva dell'azienda. I malati, i sinistrati, gli invalidi, i vecchi sono esenti dall'obbligo dei lavoro, temporaneamente o per tutta la durata della loro vita a seconda delle loro indi¬viduali condizioni. Sono esenti di questo obbligo pure le madri cha accudiscono alle cure della prole e quante altre sono impegnate nelle faccende domestiche. Chi ha il dovere di lavorare e non lo adempie durante il periodo stabilito non ha diritto all'assegno vitalizio, né ad altri guadagni, La disoccupazione non esiste. Eventuali sospensioni temporanee di lavoro per qualsiasi motivo, non dipendente dalla volontà dei lavoratori, non fa perdere ad essi l'assegno vitalizio che rappresenta il minimo necessario individuale per una vita normale moderna.
Il commercio, cioè la vendita dei prodotti è esercitato di ogni Comune che provvede all’approvvigionamento, affidando la distribuzione al pubblico ad empori e spacci cooperativi o individuali a prezzi fissati dal Comune.
La famiglia è il primo nucleo della Società, costituita dall'unione libera e spontanea degli individui dei due sessi. Li separazione o il divorzio sono ammessi quando, per vate cause, è divenuta impossibile la loro vita in comune.
La politica demografica è regolata a seconda delle necessità o meno di popolamento e delle condizioni economiche del paese.
Il Comune è il principale aggregato civile, urbano e rurale, costituito dalla città o dal paese e della campagna circostante, o da più villaggi con popolazione non inferiore ai cinquemila abitanti.
Il Comune provvede ai bisogni civili e economici, all’istruzione e all'educazione e a tutti i servizi locali della popolazione.
Esso è il primo centro politico della nazione, amministrato e controllato dai suoi abitanti mediante i propri organi che esprimono la volontà dei lavoratori per tramite della loro rappresentanza sindacale.
Le necessità ed i servizi pubblici intercomunali sono dipendenti da un'amministrazione più vasta, provinciale o regionale.
La Comunità Nazionale, detta comunemente Stato, retta a Repubblica Socialista dei Sindacati è una vera e propria rex publica (cosa pubblica) vale a dire, l'organo centrale regolatore e coordinatore della politica,dell'economia, dell'educazione, del¬la sanità pubblica, della tutela e della difesa di tutto il popolo che costituisce In Nazione. Ha un Comitato Esecutivo o Go¬verno composto di un numero limitato di membri quanti sono i dicasteri; è presieduto da una Presidenza composta di un triumvirato: un Presidente e due vice presidenti; tutti eletti dall'as¬semblea nazionale ogni cinque anni, tutti rieleggibili e revocabili.
L'assemblea nazionale è costituita dai rappresentanti di più corpi e consessi: 1° dei Comuni, 2° dette Provincie o Regioni, 3° dalle unioni dei Sindacati e degli Enti Cooperativi, che raggruppano tutte le attività produttive, professionali, artistiche, culturali, ecc. e perciò tutte le capacità, tutte le competenze.
La Difesa Nazionale è affidata ad un Corpo nazionale permanente, costituito da tutti i cittadini validi dai venti ai cin¬quant'anni che prestano un breve servizio ai venti anni ed in seguito sono a disposizione della Comunità Nazionale per ogni necessità eventuale. Ciò fino a quando non sarà stato conse¬guito il disarmo universale,
Il finanziamento dei Comune, della Provincia o Regione, della Nazione e dei loro Enti è dovuto ai proventi di tutte le .attività produttive che provvedono altresì al finanziamento del¬I'Ente distributore degli assegni vitalizi oltreché alla distribu¬zione dei compensi e dei guadagni al personale proprio. I piccoli proprietari, artigiani, artisti e professionisti liberi sono tenuti a versare un'unica quota alla Comunità, proporzionata ai loro guadagni.
L'istruzione e l'educazione è gratuitamente impartita dal Comune; per le scuole superiori provvede la provincia o la regione.
L’istruzione è obbligatoria fino ai 16 anni; dal 17° anno di età si inizia l’insegnamento professionale. I lavoratori sono tenuti a frequentare corsi speciali di breve durata dopo il lavoro, possibilmente nello stesso luogo in cui prestano la loro opera, come si fa per le adunanze sindacali.
L’insegnamento religioso è privato ed è esercitato negli edifici destinati al culto e alle pratiche religiose.
- La fede religiosa è un fatto privato e libero. Le chiese e i templi d’ogni religione sono proprietà nazionale come tutti gli edifici e i cittadini possono usufruirne liberamente a scopo di culto provvedendo da sé al funzionamento del servizio stesso.
E’ vietata la clausura dei religiosi.
- La lingua ufficiale è quella nazionale: l’italiana.
Si impartirà l’insegnamento della lingua internazionale quando questa sarà stabilita con accordi fra le nazioni.

- La Giustizia è amministrata dai magistrati con l’ausilio di medici psichiatrici, per i giudizi d’onore funzionano i giurì. Sono abolite le pene di morte e dell’ergastolo con relativa segregazione cellulare, sostituite con relegazioni in luoghi speciali di lavoro e di educazione.
Abbiamo insistito nel porre in evidenza la necessità di affidare non solo la gestione della produzione nazionale ai sindacati dei lavoratori d’ogni categoria – del braccio e del pensiero – ma anche la rappresentanza nei consessi comunali, provinciali e centrali, perché intendiamo che il Lavoro sia l’arbitro, il regolatore della vita sociale e politica, che il popolo del lavoro sia il sovrano della natura e il padrone di se stesso nella fabbrica, sul campo, in ogni servizio pel bene comune.
Non vogliamo parassiti ed oppressori nella vita economica come non vogliamo dominatori o dittatori od oligarchie di qualsiasi specie nella vita politica locale o nazionale.

Il popolo del lavoro deve godere intero il frutto della sue fatiche attraverso una giusta ripartizione, senza privilegi, senza sinecure. E deve essere libero di esercitare i propri diritti di amministrare i beni comuni, di autogovernarsi e di controllare, per mezzo dei propri sindacati, ogni attività civile, economica e politica. Nell’esercizio di questa libertà, nella eguaglianza dei diritti e dei doveri noi riponiamo fiducia nel conseguimento di quella Giustizia Sociale a cui tutti aspirano.

I SINDACALISTI RIVOLUZIONARI D’ITALIA