mercoledì 9 maggio 2012

Arturo LABRIOLA

Arturo Labriola (Napoli, 22 gennaio 187323 giugno 1959)
Biografia
Laureato in giurisprudenza, militò sin dal 1895 tra le file del socialismo napoletano. Condannato per la sua partecipazione ai moti del 1898, dovette espatriare per evitare l'arresto, dapprima in Svizzera (dove prese contatto con Maffeo Pantaleoni e Vilfredo Pareto), poi in Francia. In esilio conobbe le idee di Georges Sorel che in seguito sostenne sul suo giornale.
All'inizio del 1900 rientrò in Italia e avviò assieme alla sezione napoletana la battaglia contro la politica di apertura liberale della direzione socialista di Filippo Turati. Alla fine del 1902 lasciò Napoli e fondò a Milano, assieme a Walter Mocchi, il giornale "Avanguardia socialista" diventando il principale esponente della corrente rivoluzionaria, indi sindacalista rivoluzionaria, in seno al partito socialista. Fu con-direttore, con Angelo Oliviero Olivetti, della rivista sindacalista rivoluzionaria "Pagine Libere", edita a Lugano dal 1906 al 1911. Tornato a Napoli dove insegnava come libero docente, non approvò la scissione sindacalista dal partito socialista, decisa a Ferrara nel 1907, perché giudicata prematura. Nel 1911 fu favorevole all'intervento dell'Italia in Libia (il che gli valse accuse di sciovinismo da parte di Lenin), ma finì poi col criticare il modo di fare la guerra.
Staccatosi dal sindacalismo rivoluzionario, nel 1913 entrò in parlamento come socialista indipendente. Nel 1915 fu favorevole all'intervento dell'Italia nella Prima guerra mondiale. Nel 1917 effettuò un viaggio in Russia per incitare a proseguire la guerra. Nel 1918 fu pro-sindaco di Napoli (non poteva essere sindaco per incompatibilità con la carica di deputato). Eletto deputato sulle liste dell'Unione Socialista Italiana, dal 1920 al 1921 fu ministro del Lavoro nell'ultimo gabinetto Giolitti. Negli anni venti collaborò a "Quarto Stato".
Dichiaratamente massone, Labriola ricoprì la carica di Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia tra il 23 giugno 1930 ed il 29 novembre 1931.
In esilio in Francia a causa del fascismo, tornò in Italia nel dicembre del 1935 in occasione della guerra etiopica, per la quale si era mostrato apertamente favorevole, e da quel momento si avvicinò al fascismo inviando una lettera di adulazione a Mussolini proprio durante la guerra di Etiopia: " Mi permetta di assicurare Vostra Eccellenza dei miei sentimenti di piena solidarietà". Dal 1936 al 1943 fu un collaboratore del mensile di Nicola Bombacci "La Verità", rivista politica allineata sulle posizioni del socialismo nazionale, nonché vicina alla frangia rivoluzionaria e di sinistra del regime fascista. Nel 1946 fu eletto all'Assemblea costituente, in seguito senatore nel 1948.
Pensiero
Pubblicò molti libri di politica, di storia e di economia. Fu agli inizi ispirato dalle teorie di Marx che difese in un primo tempo nell'ambito del dibattito sulla crisi del marxismo, alla fine degli anni 1890. Sotto l'influsso delle teorie economiche marginaliste (Pareto, Pantaleoni), aderì quindi al revisionismo marxista: rimproverò in particolare al marxismo il finalismo hegeliano e la teoria della catastrofe finale. Ma rimase pure critico nei confronti del pensiero liberale, di cui criticava l'eccessivo psicologismo edonista. In economia finì coll'approdare ad una sorta di neo-ricardismo.
Tra il 1904 e il 1908 teorizzò il sindacalismo rivoluzionario, e cioè l'idea che la maturazione politica delle masse potesse farsi tramite l'azione diretta dei sindacati che, progressivamente, avrebbero dovuto avvalersi di tutte le funzioni riservate fino allora al partito socialista. La pratica dello sciopero e l'uso ragionato della violenza avrebbero dovuto sfociare nello sciopero generale risolutivo, sostitutivo del colpo di mano rivoluzionario.
Allontanatosi a partire dal 1911 dal sindacalismo rivoluzionario, ma rimasto socialista, scrisse negli anni fra le due guerre libri in cui l'idea di popolo e di comunità coesa intendeva superare lo schema marxiano delle classi sociali e dell'antagonismo, dato che l'imprenditoria industriale contribuiva operosamente alla produzione, anche accumulando capitali per l'innovazione, ed era danneggiata anch'essa dalle speculazioni di cartello e dallo sfruttamento della manodopera da parte delle nascenti entità finanziarie. Rispetto a quella che sarebbe diventata negli anni trenta l'ortodossia socialista, Arturo Labriola poneva al centro del problema capitalistico i meccanismi della formazione del Grande Capitale e la speculazione finanziaria, le concentrazioni industriali e geopolitiche, l'abbassamento drastico delle tutele e la disgregazione dei gruppi etnici.
da Wikipedia

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